Fonte: Sentenza Corte di Cassazione n. 15957 del 7 giugno 2024
Sintesi della redazione Risorsa ODV ETS a cura dell’ avv. Franco Ciociola
E’ di forte interesse segnalare, nel tema delle conseguenze di un contesto lavorativo stressante ed ansiogeno sulla salute psicofisica del lavoratore, la recentissima sentenza della Cassazione (n. 15957 del 7 giugno 2024) che “alza” il livello di tutela a favore di chi è costretto a lavorare in un ambiente che oggettivamente incide sul sereno ed ordinato svolgimento dell’attività lavorativa. Tale sentenza è, ad oggi, l’ultima di una serie pubblicate nel corrente anno sulla stesso tema e con affermazioni pressocché analoghe.
Riportiamo un passaggio molto importante della sentenza ovvero l’affermazione secondo la quale: “L’elemento di base di questa operazione è rappresentato dalla adozione come definizione di salute non è quella di “semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”, ma quella di “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” originariamente contenuta nel Preambolo della Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS (oppure World Health Organization, WHO, entrata in vigore il 7 aprile 1948), cui si riferiscono tutte le Carte internazionali in materia – a partire dalla importante Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità – e che è stata espressamente riprodotta nell’art. 2, comma 1, lettera o) del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81”.
E’ innegabile come si ribadisca che l’obbligo di tutela della salute non si esaurisce col solo impedire stati clinicamente patologici (: malattia o infermità) ma deve essere orientata a garantire lo “stato di benessere” nella sua più completa declinazione (: fisico, mentale, sociale).
E’ stato proposto il termine “eristress” per definire la condizione del lavoratore costretto a lavorare in un ambiente stressogeno, risultando tale figura diversa nei presupposti e nelle circostanze dal “mobbing” che compromette la salute psicofisica del lavoratore ma nel quale vi è un preciso obbiettivo persecutorio e di sua emarginazione ed isolamento.
Risulterà utile al fine di fare un raffronto tra le diverse figure e pervenire alla relativa diagnosi, rifarsi agli indici al riguardo tabellati e proposti in diversi studi svolti prevalentemente in ambito psico-clinico e giuslavoristico (Modelli Ege, Heinz Leymann, ECCO, Tambasco) facilmente rinvenibili nel web.
Per entrambe le figure, il primo ovvio riferimento è agli artt. 32 della Costituzione e 2087 c.c. che mirano a tutelare la salute anche nello svolgimento dell’attività lavorativa del dipendente.
Alla luce del principio espresso dalla Cassazione, pertanto, potranno essere sanzionati dal Giudice comportamenti che pur non rivestendo i caratteri del mobbing compromettono, di fatto, il diritto del lavoratore nei confronti di dinamiche conflittuali riproposte ed a lavorare serenamente, diritto che, se violato, può giustificare azioni dirette ad inibirne la persistenza oltre che risarcitorie, quando vi sia compromissione dello stato di salute.